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I principi del Visual training

Il VT è quella parte dell’Optometria che si interessa allo sviluppo, al miglioramento e all’incremento del rendimento visivo delle persone. Da anni gli optometristi comportamentali hanno sviluppato e utilizzato il VT, normalmente in combinazione con occhiali appropriati, per: prevenire lo svilupparsi di problemi della vista e della visione, sviluppare le abilità e le capacità visive necessarie al raggiungimento di una maggior efficienza a scuola, nel lavoro o nello sport, incrementare la funzione visiva, mantenere il miglior stato visivo possibile e rimediare e/o compensare i problemi visivi già esistenti. In definitiva, attraverso il VT, si aiutano le persone a sviluppare un sistema visivo più efficiente . Il VT prima di essere esercizi da somministrare è rilevare il problema, trovare il percorso compensatorio e solo a questo punto si procede con la stesura del programma di VT calibrato sul soggetto (quali esercizi, con quali combinazioni e da quale livello partire). Tale trattamento ha infatti l’obiettivo di stabilire nuovi processi e relazioni che permettono di ricevere, elaborare e comprendere meglio l’informazione. Consiste nella ripetizione quotidiana di una determinata serie di esercizi, al fine di arrivare all’automatizzazione e alla comprensione dei movimenti interessati . Il VT per le condizioni di anomalia di accomodazione e vergenza è diretto, prima di tutto, ad aumentare l’efficienza del sistema accomodativo, così da facilitare l’interazione di tale sistema con quello delle vergenze (convergenza e divergenza) e il sistema sensoriale binoculare. Le procedure del VT clinico sono mirate a migliorare l’abilità del soggetto di compensare stress fusionali che possono avere come risultato astenopia, cefalea e/o diplopia. L’efficacia delle procedure di VT per il miglioramento della funzione accomodativa ha un considerevole supporto scientifico e di ricerca clinica. Gli studi hanno mostrato che i dati accomodativi, seppure sotto controllo del sistema nervoso autonomo, possono rispondere a comandi volontari e possono essere condizionati . Questi studi documentano che il controllo volontario dell’accomodazione può essere controllato, allenato e generalizzato. I risultati del VT svolto quotidianamente dimostrano miglioramenti significativi nei range di convergenza, dopo la fine del programma il miglioramento viene mantenuto, dimostrato da varie ricerche, come quello di Daum , il quale ha studiato un gruppo di 35 adulti ai quali ha fatto eseguire esercizi di VT tutti i giorni e ha verificato che 24 settimane dopo la fine del trattamento il progresso ottenuto persisteva ancora. Periodi anche brevi di training possono fornire miglioramenti nelle abilità di vergenza che rimangono a lungo, grazie alle modificazioni a livello sinaptico.

La plasticità sinaptica
La plasticità neuronale, o sinaptica, è la capacità da parte del neurone di variare la quantità di neurotrasmettitore prodotto da un determinato segnale, in modo da ottenere la miglior trasmissione possibile. Esistono differenti tipi di plasticità: a lungo e breve termine. La plasticità a breve termine è una variazioni che dura in media qualche minuto, o addirittura pochi millisecondi; è il caso, per esempio, della facilitazione sinaptica, ovvero della situazione in cui a livello sinaptico arrivano più potenziali d’azione uno dopo l’altro: in questo caso il neurotrasmettitore che viene emesso (solitamente Ca2+) ha un tempo di riassorbimento più lungo rispetto a quello di emissione, quindi con l’arrivo del secondo potenziale d’azione il neurone presinaptico dovrà produrre più neurotrasmettitore perché, dato che non tutto quello emesso è stato riassorbito, la concentrazione osmotica nel bottone sinaptico è più elevata. La plasticità a breve termine si riscontra anche in fenomeni come la depressione sinaptica, nel potenziamento e nell’aumento. La plasticità a lungo termine invece è alla base delle funzioni cerebrali. Uno di questi fenomeni è l’abitudine, ovvero una diminuzione della risposta indotta da un determinato segnale ripetuto spesso nel tempo; un esempio ne è la sensibilizzazione, ovvero la risposta a uno stimolo nocivo che permette di aumentare la sensibilità a qualsiasi azione neuronale che attiverebbe la stessa risposta. La sensibilizzazione mediamente ha la durata di un’ora, nella quale il sistema recluta altre sinapsi sensoriali provocando un aumento della quantità di neurotrasmettitore rilasciato, aumentando la forza del segnale chimico a motoneuroni e neuroni sensoriali. Una plasticità neuronale a lungo termine può durare anche alcuni anni . Queste plasticità, a breve e lungo termine, sono modificazioni dei circuiti nervosi basate sull’esperienza dell’individuo. A solidificare questa tesi il postulato di Hebb afferma che l’attività coordinata di neurone presinaptico e postsinaptico viene potenziata dalla sinapsi stessa. Si può quindi capire che le sinapsi aumentano se stimolate continuamente, mentre quelle non utilizzate saranno man mano inibite. È proprio basandosi su tale postulato che lavora il VT: una modificazione del lavoro sinaptico attraverso tale trattamento comporta una modificazione della memoria motoria vera e propria, principalmente se si lavora con un soggetto giovane, in cui la plasticità acquisisce un fattore di apprendimento maggiore.

Il modello di visione di Skeffington
Il modello di Skeffington è stato oggetto, nel tempo, di molteplici e approfondite discussioni in merito alla visione e al suo processo di sviluppo, e da tale originale modello l’optometria ha tratto un forte impulso evolutivo alla definizione dei comportamenti visivi dell’uomo. Secondo Skeffington la visione è l’unione di 4 aree distinte (che lui identifica come cerchi), strettamente correlate fra loro. I quattro cerchi di Skeffington sono:

  1. processo antigravitazionale: tale cerchio si riferisce alla motilità oculare e all’allenamento grossolano e fine; risponde alle domande: “Chi sono?”, “Dove sono?”. A tutti sono ben noti gli effetti della forza di gravità a causa della quale qualsiasi oggetto precipita o è attratto verso la terra. Anche il neonato è ancorato con tutto il suo organismo alla terra e, la prima fatica che egli si impone è proprio quella di superare la gravità per produrre quei movimenti consoni a permettergli di proiettare nello spazio esterno le proprie coordinate spaziali interne. L’autonomia di movimento, relativa alla forza di gravità, è indispensabile per l’esecuzione della manipolazione e dell’esplorazione spaziale, e quindi per lo sviluppo del processo informativo con le infinite possibilità di apprendimento che tale processo promuove. La precisione con cui il bambino avrà imparato a controllare i sistemi gravitazionale, visivo e vestibolare si rifletterà nella sua performance di adulto e, se la quantità di energia spesa per mantenere l’equilibrio del corpo in movimento, lascerà margini sufficienti per agire liberamente a più alti livelli, anche il processo di centratura potrà essere appreso con facilità. In caso contrario, ove lo sforzo di concentrazione e attenzione per mantenere efficiente l’equilibrio dinamico sia eccessivamente dispendioso, in termini energetici, anche l’apprendimento del processo di centratura risulterà carente e inadeguato.
  2. Processo di centratura: tale cerchio si riferisce all’allenamento degli occhi e all’allenamento binoculare; risponde alla domanda “Dove sono?”. Indica la capacità che l’organismo sviluppa di selezionare singole aree di spazio verso le quali dirigere e concentrare attenzione e interesse. La risposta allo stimolo proviene dall’ambiente, fuso con l’input che i recettori interessati propagano al sistema nervoso si estrinseca infatti nella centratura, cioè nel movimento orientativo eseguito dal corpo proprio in direzione dello stimolo, movimento tramite il quale le coordinate dell’area spaziale esterna, che assorbe l’attenzione, si inseriscono nella mappa somatotopica interna dell’organismo in azione.
  3. Identificazione: tale cerchio si riferisce all’allenamento delle capacità accomodative; risponde alla domanda “Che cos’è?”. È la capacità di estrapolare dati significativi dell’azione della centratura. Affinché il processo si completi è necessario che l’informazione venga classificata in una “categoria”, composta da parti o gruppi di informazioni della stessa specie. Il compito del cervello che assorbe il segnale dello stimolo sarà quindi quello di codificarlo prima, e poi di codificarlo poi, al fine di attribuirgli un’idonea ubicazione all’interno della mappa somatotopica. Un’identificazione corretta non può prescindere dall’integrazione e conseguente fusione di numerosi segnali e infatti l’organismo identificante opera un movimento orientativo nello stesso momento i cui si mantiene in equilibrio sia rispetto alla forza di gravità che alla centratura dell’area prescelta dall’attenzione. L’atto decodificante dell’identificazione comporta l’impiego combinato dei meccanismi efferenti dell’accomodazione e della convergenza, entrambe soggette ad un continuo controllo corticale perseguito dal “nistagmo fisiologico”, cioè da un micromovimento esplorativo oscillante attorno allo stimolo allo scopo di confrontare costantemente quest’ultimo con l’output. Accomodazione e convergenza agiranno sempre scegliendo la forma di adattamento più consona ad economizzare il lavoro dei meccanismi corticali di ricerca i quali ridurranno la propria attività, e per conseguenza l’oscillazione attorno allo stimolo, non appena il confronto fra input e output si sia risolto in una esauriente acquisizione di significato, che rappresenta il fine ultimo del processo di identificazione.
  4. Processo di verbalizzazione (processo verbouditivo): tale cerchio si riferisce alla consapevolezza del corpo, all’abilità percettiva, all’abilità visiva di libertà di movimento e alla visualizzazione; risponde alla domanda “Com’è?”. Non appena la centratura abbia permesso l’emergere della figura dallo sfondo e l’identificazione ne abbia completato la conoscenza, il processo di verbalizzazione permetterà di attribuirle una definizione in termini di linguaggio convenzionale, affinché il soggetto possa aderire all’ambiente ospitante, comunicando con i propri simili. La risposta prodotta dall’atto visivo si estrinseca pertanto nella intellettualizzazione di quest’atto emergente dal modello, alla cui costruzione evolutiva abbia visto partecipare tutti i sistemi sensoriali e motori dell’organismo. Quando il modello di sviluppo della visione sia completato senza lacune sarà la funzione visiva stessa ad assumere un ruolo primario e determinante nelle possibilità intellettive dell’uomo lungo tutto l’arco della vita.

Visione binoculare e Visual training optometrico

Le anomalie della visione binoculare
Le disfunzioni accomodative (di focalizzazione) sono clinicamente classificate come eccesso accomodativo, difficoltà accomodativa, insufficienza accomodativa e accomodazione mal sostenuta. La letteratura ha raccolto in un gruppo molti sintomi comuni delle disfunzioni accomodative. Questi vengono descritti come una ridotta acuità visiva al punto prossimo, una generale incapacità di sostenere le attività al punto prossimo, eccessivo stropicciarsi gli occhi, mal di testa, periodici annebbiamenti da lontano dopo un prolungato lavoro da vicino, diplopia al punto prossimo ed eccessivo affaticamento al termine della giornata. Una volta che le cause patologiche o iatrogeniche sono state escluse, il trattamento dei disturbi accomodativi include lenti positive per il lavoro da vicino ed il VT mirato al miglioramento della funzionalità del meccanismo accomodativo. Levine et al hanno stabilito una statistica di base per i lavori diagnostici dell’accomodazione che differenzia i pazienti sintomatici da quelli asintomatici. L’elemento significativo di questi studi è la relazione tra i sintomi e un’inadeguata facilità accomodativa. I disturbi accomodativi possono quindi creare significativi fastidi, inefficienze o evitamento delle attività svolte da vicino. Una visione binoculare efficace si basa sulla presenza dell’allineamento motorio, coordinazione dei due occhi e fusione sensoriale. I soggetti che presentano anomalie della visione binoculare come insufficienza accomodativa, eccesso accomodativo, difficoltà accomodativa o mal sopportata, insufficienza di convergenza, eccesso di convergenza o eccesso di divergenza, molto spesso riferiscono discomfort oculare e astenopia. Alcuni dei lamenti sono tensione oculare, irritazione, cefalea frontale e occipitale e fatica oculare, che portano a una avversione per la lettura, lo studio e qualsiasi altro compito da vicino. Per andare incontro a tali discomfort, in base a ciò che viene diagnosticato dall’optometria, è possibile prescrivere delle lenti o dei prismi che aiutino il soggetto a compiere i compiti quotidiani con minor sforzo e stress.

Lenti di supporto
Schrock conia il termine di “lenti di supporto” per riferirsi a quelle lenti o prismi che riducono lo stress o la difficoltà nel compiere un dato compito visivo. Le lenti di supporto saranno positive quando il soggetto ha difficoltà a divergere da vicino. Aggiungendo lenti positive e rilassando l’accomodazione, la convergenza è rilassata. Il soggetto sarà quindi capace di localizzare accuratamente attraverso le lenti positive, e non saranno necessari ulteriori aggiustamenti. Tali lenti possono essere utilizzate sia come ausilio per favorire un’adeguata performance visiva riducendo le tensioni e favorendo l’omeostasi visiva, sia come strumento di sostegno all’attività di allenamento visivo. Durante il training accomodativo, le lenti prescritte hanno un notevole rilievo. Vari studi hanno dimostrato un cambiamento di comportamento tramite l’uso di lenti e prismi (Press, Apell, Horner, Kaplan; Kraskin, Streff e altri) , come riportato nelle tabelle 1 e 2. Si può notare dalle tabelle che l’applicazione di lenti e prismi superano di gran lunga le loro caratteristiche di compensazione. Gli effetti comportamentali delle lenti e dei prismi, però, sono una funzione della loro proprietà fisica e fisiologica di reazione agli stimoli ottici e ai risultanti aggiustamenti posturali.

TABELLA 1: PROPRIETÀ SPAZIALI DEI PRISMI DI YORK
BASE SPOSTAMENTO DELLO SPAZIO EQUIVALENZA CENTRO DI GRAVITÀ POSTURA APPLICAZIONE
Alta Basso/Vicino Lenti Negative Più avanti Indietro Maggiore convergenza, elaborazione centrale
Bassa Alto/Lontano Lenti Positive Più indietro Davanti Minor convergenza, elaborazione periferica

TABELLA 2: PROPRIETÀ SPAZIALI DELLE LENTI
POTERE FISICA OTTICA COMPORTAMENTO POSTURA EQUIVALENZA APPLICAZIONE
Positivo Aumenta la diffusione della luce, diminuisce l’intensità della luce Espande lo spazio, da rilievo al terreno Riduce la tonicità Base Interna Consapevolezza Periferica
Negativo Diminuisce la diffusione della luce, incrementa l’intensità della luce Restringe lo spazio, da rilievo alla figura Aumenta la tonicità Base Esterna Dettagli Centrali

Macdonald Form Field
Macdonald Form Field

Sarebbe molto limitativo concettualizzare il training accomodativa solo in termini di chiarezza o di cambiamenti di dimensione delle stampe. Se si sposta il modello di processo di elaborazione di informazioni visive, il soggetto che non percepisce i cambiamenti di spazio o dimensione in risposta alle lenti deve essere reso consapevole che sta ignorando le informazioni disponibili. Per trarre il massimo vantaggio dalle proprietà spaziali di lenti e prismi, per il training bisognerebbe usare varie tipologie di carte (tra cui la carta Macdonald Form Field), in aggiunta alle procedure con lenti tradizionali e prismi (tabelle 1-2)

Corrispondenza tra accomodazione e convergenza
In condizioni normali di visione, l’esperienza dell’utente è di associare un incremento di accomodazione con un incremento di convergenza e viceversa. L’accomodazione e la convergenza sono due maccanismi che permettono la visione nitida e singola alle diverse distanze. Tanto minore sarà la distanza di osservazione, tanto maggiore sarà la quantità di accomodazione e di convergenza richieste in funzione alla distanza di osservazione. A questi due meccanismi è associato uno sforzo muscolare proporzionale alla quantità di accomodazione e convergenza richieste in funzione della distanza di osservazione. Esistono due livelli in cui non c’è corrispondenza, interazione, tra accomodazione e convergenza. Durante la visualizzazione di un target non dinamico, usando le lenti, il soggetto cambia l’accomodazione senza un netto o conseguente cambio, finché non riposiziona la convergenza nel punto di origine. Le lenti Macdonald Form Field positive diminuiscono lo stimolo accomodativo, mentre le lenti negative lo incrementano. Quando il soggetto accomoda, vi è un cambiamento di convergenza che si sposta verso l’accomodazione. Lo stimolo della convergenza sul piano di sguardo va mantenuta. Un cambiamento di convergenza accomodativa deve essere compensato da un’eguale grandezza di convergenza fusionale che permetta di mantenere nitido e singolo il target. È pertanto inappropriato sostenere che le lenti usate nel trattamento permettono al soggetto di fare cambiamenti di accomodazione liberi dalla convergenza. Finché il soggetto è impegnato in un trattamento binoculare, qualsiasi cosa venga fatta attraverso il sistema accomodativo richiede un’autoregolazione della convergenza per far si che venga mantenuto l’equilibrio. Il soggetto che dichiara di vedere un target nitido e singolo guardando attraverso lenti di diverso potere ha acquisito la capacità di poter cambiare l’accomodazione senza rompere l’originale posizione di convergenza. Nel primo livello, è richiesto al soggetto di imparare a rompere il legame tra accomodazione e convergenza, tramite la compensazione di risposte accomodative; in modo specifico, l’incremento della convergenza accomodativa tramite il rapporto AC/C è controbilanciato dall’accomodazione negativa, e incrementato dalla convergenza accomodativa delle vergenze fusionali negative. Nel secondo livello di non corrispondenza visiva viene portato il soggetto a un passaggio successivo. Non è sufficiente per il soggetto ripristinare la convergenza o l’accomodazione al punto di domanda originale, anzi la richiesta viene aumentata. Un incremento della divergenza deve essere ottenuta quando l’accomodazione è stimolata, e l’incremento di convergenza deve essere dimostrata quando l’accomodazione viene rilassata. Tramite la fusione negli spazi liberi o le carte stereoscopiche, il soggetto deve divergere per mantenere la fusione quando le carte vengono portate più vicine al soggetto con un aumento di accomodazione per mantenerle nitide. Avvicinando e allontanando il target, il soggetto deve aumentare accomodazione e divergenza quando viene portato vicino, e diminuire l’accomodazione e la divergenza quando viene allontanato. Aggiungendo lenti positive si rende tale procedura più facile, e l’aggiunta di lenti negative la rende più difficile. Un altro metodo è quello di aumentare la richiesta di BI dei vectogram quando vengono usate lenti negative, o aumentare la domanda di BE usando lenti positive.

Gradi di libertà
I gradi di libertà sono i livelli di indipendenza di accomodazione e convergenza, quando vengono separati. Stabilire i gradi di libertà nel sistema accomodazione-convergenza è uno dei principali obiettivi del trattamento di tale sistema. Per testare i gradi di libertà inerenti ad accomodazione e convergenza si utilizza il test dei prismi per le vergenze, convergenza relativa positiva (PRC) e negativa (NRC). Mentre si eseguono tali test bisogna mantenere il target chiaro e singolo quando si muove il piano delle vergenze più vicino al soggetto (PRC) o più lontano (NRC), mentre l’accomodazione è fissa sul piano di sguardo. I prismi valutati dal valore zero al primo annebbiamento, danno l’ammontare di gradi di libertà tra il sistema della vergenza e quello accomodativo. Lo stesso principio è sempre vero per il test dell’accomodazione, accomodazione relativa positiva (PRA) e negativa (NRA), in cui si cambia il piano accomodativo mantenendo fisso il piano di vergenza del target fisso. L’obiettivo che ci si prefigge utilizzando il principio di creare dei gradi di libertà tra accomodazione e convergenza, nel VT, lavorano con vectograms, flipper accomodativi, è permettere una buona flessibilità, comfort e durata quando si utilizzano entrambi gli occhi assieme contemporaneamente nella visione binoculare. Gli stessi concetti possono essere usati (con differenti tecniche di VT) per aumentare i gradi di libertà usati nell’organizzazione centroperiferica e l’integrazione visuo-vestibolare. In un paradigma di apprendimento, ciò crea sia un livello di supporto sia una difficoltà che il soggetto deve risolvere, misurato dall’abilità per mantenere la chiarezza e la fusione dell’immagine.

L’effetto SILO
L’effetto SILO (Small In Large Out) è la percezione del cambiamento dell’oggetto che il soggetto ha mentre mantiene la fusione al cambiamento della convergenza o divergenza. Quando la convergenza è aumentata l’oggetto appare avvicinarsi e rimpicciolirsi, quando la divergenza è aumentata l’oggetto appare allontanarsi e ingrandirsi. L’effetto SILO però non è universale. Gli adulti, spesso, infatti rispondono in modo opposto: se l’oggetto si rimpicciolisce riportano che si sta allontanando e se si ingrandisce riportano che si sta avvicinando, poiché sono dettati dall’esperienza. Tale effetto viene chiamato SOLI. Tali sensazioni vengono utilizzate nel VT per avere un meccanismo di feedback da parte dell’utente inerentemente alla loro performance.

Trattamento di accomodazione e convergenza

Allenamento di accomodazione e convergenza
Le considerazioni procedurali del VT includono vari aspetti di trattamento optometrico: l’equalizzazione delle abilità monoculari (è importante che i due occhi abbiano entrambi una buona mobilità, che possa essere uguale o molto simile tra loro), l’integrazione centrale e periferica, e il conseguimento della flessibilità accomodazioneconvergenza. Infatti ciascun esercizio prevede diversi livelli, come per esempio la palla di Marsden viene eseguita sia monoculare che binoculare e prevede l’utilizzo sia steso a terra, che seduto e in piedi. Molto spesso nei programmi di VT seguire un processo terapeutico generale che incorpori attività oculomotorie monoculari e accomodative nelle sue prime fasi, è fondamentale poiché la capacità di muovere e allineare gli occhi è alla base di una visione binoculare efficace. Spesso alla base di problemi di vergenza, ossia l’allineamento dei due occhi, e di accomodazione si trova una motilità oculare non funzionale. Le procedure di motilità oculare sono incorporate nelle prime fasi di tutti i programmi di trattamento. Integrare la prestazione di dinamica oculomotrice con le procedure accomodative e di convergenza, produce un trasferimento più rapido delle capacità acquisite all’ambiente visivo di tutti i giorni. Quando l’ambiente visivo del soggetto include un frequente uso del computer, procedure di VT computerizzate facilitano il trasferimento delle capacità ai compiti quotidiani . L’allenamento binoculare generalmente non viene iniziata fino a quando le capacità monoculari non sono ben bilanciate in entrambi gli occhi.

Procedure di training accomodativo
Le procedure accomodative includono:

  • Hart chart vicinolontano,
  • free-space push-up,
  • rock accomodativo,
  • lenti meno,
  • Marsen Ball con lenti meno,
  • rock accomodativo con vectograms.

Anche se i disordini accomodativi e di convergenza si presentano alle diagnosi differenziali, i principi selezionati sono comuni a tutte le condizioni di convergenza accomodativa classificate come disfunzioni binoculari nonstrabismica. I soggetti che hanno difficoltà con la risposta accomodativa in una direzione, sia con stimoli che senza, possono iniziare dalla direzione opposta. Per esempio, l’utente che abbia difficoltà con l’accomodazione potrebbe attivarla sviluppando la sensazione opposta al rilassamento, guardando il target prima in maniera casuale, senza sforzarsi di trarre un’immagine chiara, e poi di guardarlo con più intensità. Questo è essenziale per il concetto di partire con un aspetto della funzione che il soggetto riesce a gestire, ed estenderlo successivamente a un aspetto del compito più difficile.

Procedure di training accomodativo
Le procedure accomodative includono:

  • Hart chart vicinolontano,
  • free-space push-up,
  • rock accomodativo,
  • lenti meno,
  • Marsen Ball con lenti meno,
  • rock accomodativo con vectograms.

Anche se i disordini accomodativi e di convergenza si presentano alle diagnosi differenziali, i principi selezionati sono comuni a tutte le condizioni di convergenza accomodativa classificate come disfunzioni binoculari nonstrabismica. I soggetti che hanno difficoltà con la risposta accomodativa in una direzione, sia con stimoli che senza, possono iniziare dalla direzione opposta. Per esempio, l’utente che abbia difficoltà con l’accomodazione potrebbe attivarla sviluppando la sensazione opposta al rilassamento, guardando il target prima in maniera casuale, senza sforzarsi di trarre un’immagine chiara, e poi di guardarlo con più intensità. Questo è essenziale per il concetto di partire con un aspetto della funzione che il soggetto riesce a gestire, ed estenderlo successivamente a un aspetto del compito più difficile.